sabato 7 marzo 2020

Intervista a Luigi Clemente Parte Seconda


In quella occasione, ebbe modo di vedere e toccare con mano, ciò che Bruce praticò e insegnò nei primi anni 60. Lì si rese conto che molte tecniche di quel periodo erano basate sul Wing Chun con alcune tecniche di Boxe. Infatti quello che insegnavano questi allievi, era un Wing Chun modificato e adattato ad alcuni principi di Boxe e scherma. Come noi sappiamo, alla fine degli anni 60, Bruce si sbarazzò di queste tecniche e la boxe occidentale e la scherma, divennero le due arti dominanti dei suoi studi. Infatti in una lettera a William Cheung nel 1969, Bruce disse: “Ho chiamato il mio stile JKD, ragion per cui non aderisco più al Wing Chun, perché credo che il mio stile abbia più da offrire riguardo all’efficienza”.
Quello che Davide mi disse è che non è sbagliato conoscere queste tecniche ma solo da un punto di vista storico, al fine di comprendere ciò che Bruce insegnava in quel periodo. Dopo quel raduno, Davide fu invitato da Ted Wong a far lezione direttamente a casa sua a Monterey Park in Los Angeles.
E’ importante ricordarsi che Bruce insegnò queste tecniche negli anni 60 nel periodo di Oakland e Seattle. Nel 1967 fu il culmine del suo studio e, fu l’anno in cui Bruce attribuì il nome Jeet Kune Do alla sua personale via di combattimento. 
 PIERO: Qual è il retaggio di Bruce Lee, quale avrebbe voluto che fosse e come il JKD è arrivato a noi tramite Sifu Ted Wong! 

LUIGI: molti credono che il retaggio di Bruce Lee siano i suoi film. Da un certo punto di vista è vero, perché come noi sappiamo, egli ha cercato di imprimere nei film, la sua personale filosofia di combattimento, ciò che lui pensava delle arti marziali e ciò che praticava. Secondo il mio punto di vista, il suo lascito, il suo retaggio è la sua arte marziale: il JKD. Lo dico anche parafrasando Ted Wong: “il JKD è il modo più efficiente di muovere il corpo umano” e penso che questo sia molto importante. Penso che Bruce abbia sviluppato il JKD perché lui credeva nel potenziale umano e pensava che il combattimento dovesse essere libero, realistico e distaccato dalle competizioni sportive. Il JKD è un arte di difesa personale, quando io combatto è per difendere la mia vita, oppure quella dei miei cari in un contesto reale.
Da ciò che mi è stato insegnato dai miei maestri e ovviamente dai miei studi personali, Bruce non ha mai menzionato nei suoi scritti che il JKD potesse essere applicato in un contesto sportivo, proprio in virtù del fatto che egli non credeva nelle forme (kata) o nei movimenti classici come miglioramento delle abilità fisiche e tecniche.  
Ciò che è importante comprendere è che il JKD si basa su principi di semplicità, non è classico ed è diretto. Ogni tecnica che vado ad applicare, imparo sempre più qualcosa su me stesso, perché il miglioramento è proporzionale all’impegno che ci metto nell’allenamento e nello studio della tecnica. Per Bruce Lee la cosa importante era di conoscere poche tecniche essenziali, efficaci che funzionassero in un contesto reale. Ognuno di noi può prendere questi principi e adattarli alla propria vita quotidiana al fine di migliorare come persona e affrontare al meglio le sfide della vita.


Luigi Clemente (Jeet Kune Do Master ACSI)

venerdì 6 marzo 2020

Intervista a Luigi Clemente


Intervista fatta a Luigi Clemente (Maestro Jeet Kune Do C.A.A.M. ACSI) sotto la guida di Davide Gardella, allievo diretto di Sifu Ted Wong.
L’intervista è stata condotta dai miei allievi più avanzati, al fine di approfondire alcuni aspetti fondamentali del JKD così come la sua storia, origini e i fondamenti tecnici.

PIETRO: Noi sappiamo che nel JKD è importante la buona forma; come è passato Bruce Lee dalla forma alla “non forma”?

LUIGI: la “non forma” da un punto di vista scientifico è un aspetto molto complesso. Non basterebbe un intervista come questa per spiegare correttamente questo principio. Per comprendere al meglio questo principio si parte ad esempio, dalla boxe. La boxe e la scherma sono le due discipline scientifiche che comprendono il retaggio tecnico di tutto il JKD.

Alla fine degli anni 60 un amico di Bruce, William Cheung, disse a Bruce che secondo lui non era possibile essere privo di forme, senza partire da una forma, cioè si deve pur partire da qualcosa. La forma è necessaria per riuscire a raggiungere, mediante pratica costante, lo stato di “non forma”. E’ come quando un ragazzo, entra per la prima volta in una palestra di arti marziali e apprende, studia e pratica le tecniche. All’inizio lavorerà sulla meccanica di ogni tecnica, tanto da sembrare un robot o roba simile, ma quanto più praticherà tanto più sarà padrone dell’arte che pratica. Avrà tanto praticato l’arte tanto da farla diventare parte di sé. In questo modo è possibile entrare nell’ottica della “non forma”.

GIUSEPPE: Quanto è importante apprendere ciò che Bruce ha fatto negli anni 60 (Jun Fan Gung Fu) fino ad arrivare a praticare il JKD attuale così come lo pratichiamo?
LUIGI: allora per rispondere alla tua domanda, mi rifaccio a ciò che mi dissero Davide Gardella e Ted Wong tempo fa; Davide Gardella partecipò ai primi tre seminari italiani di Sifu Ted Wong (1996 – 97 – 98). Nel 1999 dopo l’ulteriore seminario italiano con Ted, fu invitato da Ted stesso a partecipare al Terzo Raduno della Jun Fan Jeet Kune Do Nucleus a
Seattle. In quell’occasione, oltre ad allenarsi con Ted Wong (fu nominato in quell’occasione suo allievo diretto e rappresentante italiano), ebbe modo di conoscere molti allievi di Bruce Lee e avere con loro uno scambio tecnico.
Conobbe la maggior parte degli studenti di prima generazione: Taky Kimura, Jesse Glover, James Demile, ma anche allievi della scuola di Los Angeles, tra i quali:

Richard Bustillo, Steven Golden, Herb Jackson, Peter Jacobs, oltre ovviamente a Linda Lee e a Shannon Lee.




PRIMA PARTE DELL'INTERVISTA

Sportale in Tour - Speciale Jeet Kune Do - Puntata 6 - Sparring

In quest'ultimo episodio dello speciale dedicato al JKD, lo dedichiamo allo sparring. Come lo stesso Bruce Lee affermava: "Il modo...