giovedì 31 dicembre 2020

Bruce Lee e l'adattabilità

 

Nella metà degli anni 60, un giovane Bruce  con il suo allievo Ted, durante una lezione privata, fa questa domanda: “Ted qual è secondo te la caratteristica che deve avere un buon combattente di arti marziali? Ted ci riflette un po’ e dice: “l’abilità, la velocità, la forza? Bruce gli risponde semplicemente no: “Vai a casa e pensaci su”. La cosa andò avanti per giorni e Ted ogni volta stilava una lista sempre più lunga. Alla fine, costretto ad arrendersi, Ted dice:” allora Bruce qual è la caratteristica che deve avere un buon combattente?” Bruce gli risponde: “è l’adattabilità”. Bruce Lee e Ted Wong 1967 circa.

 L’articolo che oggi mi accingo a scrivere, riguarda un argomento molto discusso sul web e tra i praticanti di arti marziali; il principio di adattabilità. Cosa si intende per adattabilità nel combattimento? Bruce Lee, molto avanti rispetto ai suoi tempi, espone la sua idea di adattabilità con questo aforisma: “Un buon combattente non è un karateka, un judoka o un boxeur. Un buon combattente è colui che sa adattarsi ad ogni tipo di avversario”.  

Durante la lavorazione del suo film incompiuto “The Game Of Death”, Bruce usa tantissimo il principio di adattabilità. Nell’affrontare i suoi avversari, tutti molto diversi tra loro in stile, struttura fisica e tecnica, il personaggio di Lee sembra quasi entrare nella mente dell’avversario, sorprendendolo, facendo sue le tecniche dell’avversario e vincendo i combattimenti. Perché accade questo? Perché Bruce è più forte? Conosce tutti gli stili? Assolutamente no. Ciò avviene perché Bruce ha talmente tanto allenato le sue tecniche, ha sviluppato i suoi sensi al massimo, da far diventare sua la tecnica e usarla nel momento più opportuno contro l’avversario. Adattabilità nel combattimento, quindi, non significa conoscere tutti gli stili o i metodi più sofisticati, quanto piuttosto sviluppare le proprie tecniche al massimo, facendole diventare un tutt’uno con te stesso, in modo da farle diventare una seconda pelle, facendo in modo che il pensiero e l’azione diventino una cosa sola. 

Quando l’azione non è distratta dal pensiero, la tecnica è libera di esprimersi. Io faccio mie le tecniche dell’avversario, entrando in sintonia con il suo ritmo, il suo tempismo, la sua velocità, cercando di batterlo sul tempo, facendo in modo, con le mie azioni, che lui faccia esattamente ciò che voglio io. Questa è una cosa molto difficile da fare. Infatti, molti praticanti di arti marziali, campioni come Joe Lewis, Mike Stone o Chuch Norris hanno sempre detto di Bruce che sembrava possedere un sesto senso. Egli era capace di capire le tue intenzioni e usare la tecnica più opportuna per batterti. Alcune di queste capacità possono svilupparsi con un addestramento serio e rigoroso, ma la capacità di entrare nella “mente” avversaria richiede molto di più secondo il mio parere. 

Un altro esempio di adattabilità lo troviamo nel grande Match tra Muhammad Alì e George Foreman, avvenuto il 30 ottobre del 1974 a Kinshasa nello Zaire. La strategia principale di Alì in quel match era quella di danzare, di colpire il suo avversario (campione del mondo molto più grosso e giovane di lui) con colpi precisi e veloci. Purtroppo nei primi round, Alì si rende conto che la sua strategia non è sufficiente, perché il campione si era allenato con pugili danzanti, allo scopo di metterlo alle strette e batterlo. Alì allora, si adatta alla situazione e sfrutta la potenza fisica del campione, nonché il rinculo delle corde, come spinta per colpire l’avversario al momento opportuno. Per cinque o sei round, Alì viene tempestato di colpi dal possente George e, colpisce anch’egli nei momenti in cui Foreman stoppa l’azione. Alla fine dei sei round, Big George è esausto. Allo scoccare dell’ottavo round, non avendo più energia per colpire il suo avversario, George comincia a cedere e, Alì comincia la sua devastante serie di colpi ben assestati che, fanno crollare Foreman al tappeto, vincendo l’incontro per K.O. Questo match è un ottimo esempio di adattabilità, perché ci si rende conto che, un combattimento puro e semplice, non è possedere tante tecniche, quanto piuttosto saper usare le proprie al momento più opportuno, ottenendo così il massimo risultato con il minimo sforzo.  L’adattabilità non è solo una caratteristica del combattimento, ma la troviamo anche nella vita quotidiana. Se lasciamo che gli ostacoli della vita ci buttino giù, questi avranno effetti su di noi in maniera devastante e non riusciremo mai a realizzarci pienamente.Invece, ogni volta che si presenta davanti a noi un ostacolo, dobbiamo saperci adattare alla situazione, affrontando le difficoltà con grinta e forza di volontà. Solo in questo modo la vita avrà un altro significato e saremo in grado di viverla e accoglierla pienamente.

Luigi Clemente

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